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IO SONO LA MIA EX

La mia Ex ha le tette piccole e alte. Lei vorrebbe la quarta, “per farmi meno male quando cado di faccia” diceva sempre.

La mia Ex ha le labbra sottili, ma la lingua lunghissima. Se spalanca la bocca, c’è da averne paura.

L’ultima volta che le parlai, fu tutto un vomitare parole di sdegno e di rancore. Questionava di amore e di stronzate sentimentali; non paga del mio sguardo assente e basito articolava con rapidità felina e arguzia rapace le sue deliranti teorie sull’emozione.

Si professava liquida, come un fiume senziente, o come lo sciacquone del water; con la stessa forza, risucchiava via ogni mia risposta al suono di un ‘ciao’. Mi salutava, per mandarmi in realtà dritto all’inferno, o almeno così pretendeva di fare. La sua autoreferenzialità era affascinante, a tratti goffa come un’armatura oversize, spesso commovente come la forza di un animale ferito. Mi travolgeva come un’onda, mi abbracciava come un kraken. Non vedevo la sua anima, era difficile scorgerne il riflesso e conservarne l’aroma. Ma le sue cosce, che avevo sempre amato, le avrei riconosciute tra mille.

La mia Ex voleva sempre comandare e a letto la lasciavo fare.

La notte mi stringeva come una piovra, il suo abbraccio era un’irresistibile morsa di gambe e bacino. Mi avvolgeva, e come un timido pesce mi lasciavo cullare dagli spasmi della sua passione. Il suo piacere era un brodo caldo che si offriva al mio assaggio, nei suoi umori assaporavo emozioni segrete e proibite, fantasie incandescenti, un desiderio folle e scostumato.

La mia Ex era inoltre una specie di nazista dell’alimentazione, che voleva godere senza farsi male. Lei è un disastro indigeribile che si nutre di tragedia e stupore. Ci vedevamo spesso per cucinare. Diceva sempre che un bravo cuoco è certamente un valido amante e quindi ci divertivamo a sfidarci con piatti forti e vini speciali. Quel giorno, per contrappasso, si parlava di pasta al sugo; l’apologia della semplicità era il pretesto per cercare di intendersi su delle cose basilari.

Con la mia Ex parlavo moltissimo, era un’interlocutrice affascinante e smaliziata, accompagnava le mie scialbe parole con la giusta dose di pepe. Una sera le piombai in casa in preda ad uno dei miei soliti attacchi di noia bipolare. La trovai con le mani impastate di un pasticcio di carne, uova, aglio e pane inzuppato. Le sue polpette mi facevano venir voglia di sposarla. Sposarla, non scoparla; anche se sapevo che pasticciare con la carne la eccitava. Le mie pulsioni erano più incasinate di quel mix crudo e speziato, con lei era inutile fingere ma sembrava che la menzogna reggesse. La trovavo dolce ed accogliente, proprio come la sua patata: delicata e genuina. Il suo erotismo mi calamitava con la sua densità, con lei era impossibile annoiarsi a letto. In cucina mi faceva sorridere e mi perdevo nell’eleganza delle sue movenze. Era impostata, notavo che si sforzava di mantenere un contegno ed una manualità irreprensibili. Sapevo che lo faceva per me e ne ero sinceramente lusingato. Non potevo resistere alla seduzione delle sue polpette, ma non ero nemmeno abbastanza uomo per quella donna dalle mille donne, la matrioska che tracanna shot di vodka come fosse acqua.

La mia Ex era una piccola scatola cinese, che non ho mai sentito mia. Avevo paura d’essere inglobato e pensavo che quelle scatole, apparentemente così piccole, fossero in realtà dei profondi crepacci, nei quali sarei sprofondato per sempre.

Aveva il vizio di trasferire ogni ingrediente nell’apposito contenitore. Con un certo oltranzismo si ostinava ad imbustare la busta dello zucchero. “Per proteggerlo dalle formiche” diceva. Ad ogni caffè mi costringeva a ripetere quell’odioso spogliarello. Mentre per avere i cereali dovevo rovistare nella mensa dei barattoli. Ad ogni avanzo di cibo, il suo tupperware. E per ogni prodotto finito, una molletta in più nel cassetto, non più utile a sigillare le buste delle buste. Il suo ordine era un misterioso carosello di redini tirate allo spasmo per non stonare il meccanismo.

La mia Ex diceva sempre: “Ti mangerei per colazione”. Come un biscotto al cacao, inzuppato in un latte di bugie. Come un dolce sbagliato alla fine di un ottimo pasto.

La mia Ex è uno scomodo dono, che mi ricorda le chiacchiere in cucina e i discorsi intavolati, con la mente che sfuggiva ed il cuore che bolliva.

E’ il tempo di cottura imposto. Somiglia ad un messaggio in codice. Come quando imbizzarrivo, e folle inseguivo il vento. E lei, prima di me, già sapeva.

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